Trullo Il Gatto Nero

Trullo Il Gatto Nero

Trullo Il Gatto Nero

Il Trullo

Il Trullo

In questo angolo di Puglia, nella Valle d’Itria i trulli, con i loro tetti conici e le loro origini misteriose raccontano storie vecchie di millenni. I trulli sono prodigi architettonici a forma di cono, costituiti generalmente da una base circolare (i più antichi) o quadrangolare. I loro muri perimetrali hanno un’altezza variabile da 1,60 a 2 metri. Il loro spessore, ai giorni nostri, non supera gli 80 cm, mentre un tempo andava oltre il metro e spesso raggiungeva i 2. Sui muri poggia il cono (la cannela), che sale restringendosi fino al culmine, indicato esternamente da un pinnacolo. 

La volta conica all’esterno è ricoperta di lastre calcaree dette chianche (o chiancole, chiancarelle) che ne garantiscono anche l’impermeabilità. 

Esse sono disposte in file sovrapposte, con pendenza verso l’esterno, per agevolare il deflusso delle acque piovane. Sia le mura sia la cupola sono innalzate a secco. 

I trulli sono il primo esempio di perfetta coibentazione: caldi d’inverno e freschi d’estate. Questo fenomeno è dovuto alla formazione di piccole camere d’aria tra una chianca e l’altra, che assorbono gli sbalzi di temperatura, mantenendola costante. 

L’intonacatura interna, in latte di calce su uno strato di bolo (terra rossa) contenente paglia, impedisce agli insetti di passare e funge da isolante termico. Inoltre la cosiddetta passività della struttura (nei trulli non esistono leganti) è in grado di assorbire anche le scosse di terremoto più forti. I Trulli di Alberobello sono stati inseriti dall’Unesco nella lista dei beni protetti come patrimonio dell’umanità.

Nonostante nelle zone di sviluppo dei trulli si rinvengano reperti archeologici o fondamenta di capanne risalenti all’età del bronzo, non esistono trulli particolarmente antichi, per un semplice motivo: piuttosto che provvedere alla riparazione di un trullo, per motivi economici, si procedeva all’abbattimento dello stesso e alla sua ricostruzione riutilizzandone il materiale. Così le attuali costruzioni risalgono circa al XVI secolo, quando Giangirolamo II Acquaviva D’Aragona, Conte di Conversano, noto come il “Guercio di Puglia”, uno dei primi feudatari della zona, impose la costruzione di abitazioni solo con pietra a secco e senza l’utilizzo di malta. Questo espediente, in realtà, evitava il pagamento dei tributi al vicerè spagnolo del Regno di Napoli in quanto non veniva considerato come insediamento urbano, bensì come costruzioni precarie di facile demolizione e dunque non tassabili. La verità è che di precario hanno ben poco; la struttura infatti garantisce notevole stabilità, oltre ad assicurare un ottimale equilibrio termico.

Un’ altra teoria molto attendibile riguardante l’origine dei trulli lega il medio-oriente con la Puglia: esiste in Turchia il villaggio di Harran o, indicandolo col suo antico nome, Caran composto da migliaia di trulli. Proprio da Caran partì, duemila anni prima della nascita di Cristo, il patriarca Abramo per raggiungere con il suo popolo la terra di Canaan. L’attuale Harran fu ricostruito circa mille anni fa, in corrispondenza della conquista bizantina della Puglia quando, cioè, alcune comunità ebraiche ed orientali si stabilirono fra Bari e Taranto. 

È probabile che proprio in quella occasione l’architettura a trullo sia stata trapiantata in Puglia; il trullo, quindi, secondo questa storia, potrebbe addirittura vantare un’ origine biblica.

Se prendiamo per buona questa teoria della nascita orientale del trullo fra Turchia, Siria, Anatolia, zone notoriamente soggette a frequenti e devastanti terremoti, il pinnacolo è una prova schiacciante, in quanto, a forma prevalentemente sferica, in Valle d’Itria, originariamente non veniva fissato ma solo appoggiato in modo da lasciarlo libero di “rotolare” giù dalla cupola in caso di un eventuale movimento tellurico, in modo tale che il rumore provocato consentisse agli abitanti del trullo di mettersi tempestivamente al sicuro: una cautela di certo anch’essa importata dall’Oriente. Difatti, se osserviamo le immagini dei trulli di Harran situati in zona soggetta a terremoti, possiamo notare che sono tutti, indistintamente, sormontati da un pinnacolo posto in equilibrio che precipitando svolge sicuramente una funzione di “allarme” in caso di sisma.

La simbologia relativa ai trulli viene illustrata dai pinnacoli e da figure emblematiche tracciate con latte di calce sulla cupola. Essa non tanto caccia il malocchio, come molti con insistenza pensano, quanto trasmettono il valore magico-culturale con cui il trullo dovette nascere, come immagine del cielo e come altare per il culto solare e il pinnacolo altro non è che l’immagine fallica collegata a questo culto. I pinnacoli decorativi, chiamati anche cucurnei o tintule, possono assumere forme diverse, spesso ispirate a elementi simbolici, mistici, religiosi o a motivi tradizionali. Per alcuni studiosi i pinnacoli sono una sorta di “marchio”, posto dai differenti maestri trullari (costruttori) per contraddistinguere il proprio lavoro, o un semplice elemento decorativo prescelto dai proprietari della casa. Per altri, la loro origine è da ricondurre a una primitiva simbologia magica. Non a caso, le forme che li caratterizzano, (il disco, la sfera, il cono, la piramide a base quadrata o triangolare) nell’antichità erano connesse ai culti betilici (dal latino bactulos, pietra sacra), praticati dai popoli agricoli primitivi e documentati in Puglia fino al primo secolo A.C., popoli che adoravano la pietra pensando che fosse figlia del sole e delle stelle. Nelle forme più evolute, il pinnacolo posto sull’apice della cupola diventa un poliedro cruciforme, un poligono stellato, una pisside sormontata da un globo. Per questi elementi, infatti, così come si è verificato per i simboli dipinti, l’originario valore magico sarebbe stato sostituito, progressivamente, da un’interpretazione cristiana e quindi religiosa.

Sul frontale di ogni cupola vi sono dipinti dei simboli, anch’essi, di valore propiziatorio o magico, sia di origine pagana che di origine cristiana. I simboli vengono tracciati a mano libera con l’uso della calce, sinonimo di purificazione (è usata come disinfettante): il colore bianco ricorda quello del latte e il candore dei trulli ricorda qualcosa di puro. In passato il sindaco di Alberobello poteva emettere un’ordinanza di allattamento (da allattè, cioè tinteggiare i muri di bianco) per ridare il colore originario ai trulli. Tali simboli, resi grossolani a causa della superficie del tetto e della non sempre specifica capacità decorativa dell’imbianchino, sono spesso identificabili per intuizione più che per la chiarezza del disegno. Seguendo una classificazione risalente al 1940 è possibile suddividerli in: primitivi, magici, pagani, cristiani, ornamentali e grotteschi. Tale suddivisione è puramente indicativa e, benché la sua validità scientifica sia relativa, è funzionale per una rapida identificazione. In base al censimento risultano oltre duecento simboli diversi tra quelli ancora presenti sui coni e quelli tramandati dalla tradizione orale. La classificazione e la decodifica dei simboli risulta ancora problematica perché la tradizione e l’utilizzo dei simboli avviene solo per via orale, quindi a noi non è arrivata nessuna spiegazione dettagliata sul significato di essi.

In realtà, anche se quasi tutti i simboli hanno acquisito un significato eminentemente cristiano, il contadino non riesce a staccarsi da un loro fine utilitaristico e apotropaico. L’antica credenza popolare considera questi segni dotati di particolari virtù magiche e capaci di allontanare le influenze maligne.